Lettere e Opinioni

Il lupo e l’agnello

Non ricordo di aver vinto una sola elezione,

e la memoria arretra fino a quella del ’76, se non finanche del ’72. Ho fatto sempre parte di una minoranza, di un’opposizione che non partecipava mai ai governi, di un’idea (non importa se di destra o di sinistra) che confidava di cambiare la società, di stravolgerla.

Quando qualche mese dopo il marzo del 2013 mi trovai a condividere una posizione maggioritaria nella società italiana, mi suonò un campanello d’allarme. O è cambiata la gente, o sono cambiato io, mi dissi. Né io né i miei connazionali eravamo cambiati, ma lo dovevo scoprire col tempo e a mie spese, come sempre.

Ciò che era successo con le elezioni del 2013,

era che una vacanza di leadership nella destra e l’incapacità della sinistra a raccogliere il testimone dialettico e antemurale avevano prodotto un terzo polo. Nel polo dei 5 stelle erano confluiti il popolo reazionario senza padrone, qualche conservatore deluso della politica del centrosinistra, e radicali apolidi e/o della sinistra a cui mancava un partito radicale di riferimento.

Stavano insieme nel guazzabuglio grillino, decisionisti e democratici, razzisti e illuministi, democristiani e marxisti, evoluzionisti ed ecologisti. E avendo evitato di indicare un preciso obiettivo sociale essi avevano raccolto una moltitudine di adesioni tra un popolo incalzato dalla crisi, ma destinate a polverizzarsi non appena avessero dovuto decidere qualcosa, o addirittura governare.

L’equivoco era pronto.

Grillo aveva rubato le speranze e la disperazione degli italiani, ma aveva dato vita a una cosa incapace di immaginare una società futura, semmai solo di indicare degli step intermedi di gusto egualitario, come ad esempio il reddito di cittadinanza.

A questo si aggiunge un’altra fesseria originale, quella di selezionare la classe dirigente con un click da casa. Il risultato fu che quella grillina divenne la forza politica più anarchica del parlamento nonostante le regolette interne poste a spauracchio.

La sua fortuna elettorale era venuta dall’essere specchio di un popolo cieco e ottuso, incapace di intercettare la struttura sociale e la volontà della politica. Ma sorpresa delle sorprese arrivò Conte.

E, aver imbarcato nell’avventura stellata una persona ordinata, aveva fatto paura a tutti.

Perciò, non appena fatta fuori, gli altri diventarono preda del paternalismo cazzaro del potere e delle invidie che è capace di fomentare. (Ad esempio, Crippa, tu non miglioreresti la vita degli italiani nemmeno se ti dessero la dittatura.)

Draghi non può fare a meno dei 5 stelle, ma non fa una sola cosa di quello che dicono.

Ecco, allora, che quando finalmente le resistenze anarchiche interne del Movimento sono state parzialmente sedate, le richieste del maggior partito dell’arco parlamentare non sono considerate.

Piuttosto di rispondere Draghi fa finta di dimettersi, e lascia lo spazio alle grancasse dei giornali padronali e ai teatrini deserti dei partiti che parlano di responsabilità e di emergenze. Invece che dimostrare all’elettorato italiano la volontà di inciucio generale contro i 5 stelle, il lupo accusa l’agnello di sporcargli l’acqua, nonostante l’altro sia a valle, nonostante i lupi siano stati dall’inizio il 70%, contro il 30% di agnelli.

Giuseppe Di Maio

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