Politica

Politica, c’è molto da imparare a Vancouver…

Vicenza – Nulla di nuovo a Vicenza, va in scena il solito rebelot. La consueta manfrina politica, che se mentre guardi il Tg ti distrai un attimo e comincia il Grande Fratello senza che tu te ne accorga, fai fatica a capire la differenza. Questa è l’impressione che si ricava dall’ultima polemica relativa alla presenza di esponenti considerati fascisti nelle liste del centrodestra. Di questa parte politica non ce ne può importar di meno. Quest’area non si è mai distinta per caratterizzazione democratica, perché nella sua filosofia c’è la conquista del potere per poi poterlo esercitare a suo giudizio. Punto! Che vadano a Vancouver.

Ma per un attimo vestiamoci da Bianconiglio e ipotizziamo che il Cappellaio Matto e il Leprotto Bisestile, (personaggi di “Alice nel paese delle meraviglie”) ricevano in redazione un dossier: se era anonimo lo avrebbero – per usanza – cestinato. Ben più importante sarebbe stata una riflessione sul fatto che riescano davvero a realizzare qualcosa di quello di cui cianciano avendo una disponibilità di manovra per circa 5 o 6 milioni di euro all’anno. Insomma si sarebbe trattato di confutare le fanfaluche.

Bubbole non inferiori a quelle dei loro avversari del centrosinistra, che non solo si sono distinti nel  governo cittadino con l’immobilismo che ha sempre contraddistinto, sin dal 1990, le amministrazioni di Achille Variati (chissà perché non se ne va anche lui a Vancouver), ma che con la recente polemica sui candidati fascisti dimostra quanto siano allieni al sistema democratico; infatti, hanno la pretesa di esprimere il loro gradimento sulle candidature dei loro antagonisti nelle elezioni. Ma vadano a Vancouver.

In ogni caso sia a destra che a sinistra – le facce della stessa medaglia – l’elettore non conta niente. Non spetta all’elettore esprimere la preferenza per questo o quel candidato sia esso “destrorso” o “sinistrorso”. Al più l’elettore può legittimare, con il proprio voto, la preselezione che hanno fatto loro: i “migliori” (si fa per dire ovviamente). Ma andassero tutti a Vancouver.

Ma l’esilarante si ha laddove c’è quel candidato di centrosinistra che lamentandosi per l’immobilismo delle varie amministrazioni (qui destra e sinistra contano poco, perché l’inadeguatezza s’è riscontrata in entrambi) si concentra solo sull’area ristretta dove risiede, per elencare cinque “sofferenze” della sua zona. Figuriamoci se anche altri, per altri quartieri, si avventurassero ad imitarlo. Le opere che da anni sono rimaste nel limbo, il nostro si premura di elencarle:

  1. La bonifica della Zambon dura da 33 anni. Dicono che finirà nel 2022!
  2. I lavori al Parking Europa di Via Cengio sono infiniti. Quando liberiamo il quartiere dalle auto e le mettiamo nel parcheggio?
  3. Porta Santa Croce, la storia di un cantiere aperto dopo 17 anni!
  4. Abbattimento edificio Tangram avanti le mura e costruzione di un parcheggio per la questura.
  5. Controllo antidroga al Parco Padre Uccelli in via Bacchiglione, dimenticato dalla sua intitolazione.

Dopo di che, intuendo che anche la futura amministrazione (qualunque essa sia) ben poco potrà e vorrà fare, promette che se sarà eletto consigliere comunale, si incatenerà davanti a questi cantieri infiniti, sempre aperti, mai chiusi. Domanda: davvero deve essere prima eletto? Perché non si è già incatenato tempo fa? Sembra proprio che la questione sia come la descrisse Ennio Flaiano: la situazione politica a Vicenza (e in Italia) è grave ma non è seria. Ma perché anche questo candidato non se ne va Vancouver?

Quando si parla di merito, è bene non scordare queste vicende, perché ciò che ci distingue dalle altre nazioni europee è proprio questo profondo disprezzo verso i cittadini: un fenomeno che non si trova, così radicato e spocchioso, nemmeno in Spagna, in Portogallo ed i Grecia. Non a caso gli altri Piigs.

Veniamo da due decenni stupefacenti. Nel primo, un medico per lattanti s’è trasformato in un costruttore compulsivo, e i cittadini sono ancora lì a chiedersi se quelle opere erano davvero utili o se dovessero essere edificate proprio in quella maniera. Nel secondo decennio, che si sta chiudendo in questi giorni, un intramontabile democristiano, pur provenendo dal mondo bancario (Oddio! Non è che ci abbia lavorato molto, tuttavia iniziò come funzionario della Banca Cattolica), ed avendo i suoi rappresentanti seduti nel consiglio d’amministrazione della Banca Popolare di Vicenza, non si accorge che qualcuno sta manovrando a danno dei più deboli risparmiatori, mentre gli imprenditori più in vista si sono sfilati per tempo. Ma si sa, quelli sono accorti, non appartengono al cosiddetto parco buoi.

Allora si può citare Shakespeare: ”Il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e le donne non sono che degli attori: fanno i loro ingressi e le loro uscite”. E credere, di conseguenza, di aver dimostrato l’assunto che i rappresentanti svolgano al meglio il loro ruolo è da ingenui.

Per questo, e per molti altri motivi, la democrazia rappresentativa pura non è auspicabile. Già Michail Bakunin, in “Stato e anarchia”, (del 1873) scriveva: «È sulla finzione di questa pretesa rappresentanza del popolo e sul fatto concreto del governo delle masse popolari da parte di un pugno insignificante di privilegiati, eletti o no dalle moltitudini costrette alle elezioni e che non sanno neanche perché e per chi votano; è sopra questa concezione astratta e fittizia di ciò che s’immagina essere pensiero e volontà di tutto il popolo, e della quale il popolo reale e vivente non ha la più pallida idea, che è basata la teoria dello Stato».

Si badi bene: non siamo in presenza di tradimento e men che mai di corruzione personale; semmai è qualcosa di più nefasto, una prova della cattiva potenza del sistema della rappresentanza. Del resto, le convulsioni, di Podemos in Spagna e Syriza in Grecia, costituiscono una evidenza empirica della necessità di controbilanciare la democrazia rappresentativa, con quella diretta, attraverso il semplice e tempestivo utilizzo degli strumenti della sovranità popolare: referendum, iniziativa popolare, recall, procuratore civico. Ma, tra i candidati berici, chi ci darà tali strumenti giustificando il nostro voto per lui?

Se al contrario l’elettore nutre altri proponimenti, tenga presente che il 98% dei vicentini (e degli italiani) sono idraulici, dentisti, guidatori di autobus, commercianti, operai, che si giocano la sopravvivenza quotidiana. Dobbiamo preoccuparci del 2%, degli intellettuali e dei politici che prendono le decisioni importanti, che non si giocano nulla essendo dei tax consumers che creano problemi a tutti gli altri? Oggi la “rappresentanza” è interamente composta da politici di professione, gente che ha praticamente divorziato dalla vita reale.

Si sa che il buonsenso viene dall’esperienza, anche se l’esperienza la si fa quando non si ha buon senso. Ma allora ricordiamoci che ogni società che valga la pena avere, ogni società libera e avanzata, è stata costruita da persone con lunghi orizzonti temporali. Quindi cerchiamo di appellarci alle nostre migliori nature e giriamo il cosa deve essere fatto da domanda in una dichiarazione.

Luciano Spiazzi

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