Cronaca

Caporalato nel volantinaggio pubblicitario

Vicenza – E’ partita dalla Procura della Repubblica di Vicenza, un’indagine che ha portato alla luce quest’oggi un giro di illecita intermediazione e sfruttamento del lavoro, ovvero il triste e ben noto fenomeno del caporalato. Scoperte anche violazioni alle norme di sicurezza e casi di evasione fiscale. Sono stati gli uomini della Guardia di Finanza di Egna, in provincia di Bolzano, a condurre le indagini e l’operazione finale al termine delle quali sono state denuciate sette persone, due delle quali sono italiani mentre gli altri cinque sono di nazionalità indiana.

L’attività di controllo ha preso le mosse dal monitoraggio di alcuni lavoratori, soprattutto stranieri, domiciliati nelle province di Bolzano e di Trento. Venivano impiegati nella consegna di volantini pubblicitari porta a porta. Per gli spostamenti e le consegne, i lavoratori usavano biciclette messe a disposizione dai datori di lavoro. Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno portato ad individuare una società, con sede a Vicenza, che aveva reclutato molti lavoratori, di nazionalità pakistana, indiana e algerina.

I responsabili di questa società avevano creato un sistema ad hoc, costituito da altre quattro ditte individuali e quattro società, tutte riconducibili sempre agli stessi soggetti, il cui scopo era quello di allargare il  giro d’affari. Queste società e ditte individuali, tutte operanti nel settore della pianificazione e promozione pubblicitaria, hanno sede nelle province di Vicenza, Trento, Verona e Milano.

I lavoratori erano costretti a vivere in condizioni igienico sanitarie precarie, venivano reclutati, principalmente, nella zona di Rosà ed erano trasportati con furgoni fatiscenti e insicuri sui luoghi di lavoro. In sella alle biciclette erano poi costretti a lavorare in condizioni indecorose e sotto continua sorveglianza, affidati al controllo di un capo squadra, monitorati anche con sistemi Gps,  e impiegati anche per più di 15 ore al giorno, sei giorni alla settimana. Percepivano uno stipendio compreso tra i 500 e i 700 euro al mese.

Come se non bastasse, i lavoratori erano sottoposti a continue minacce di licenziamento ovvero di percosse, soprattutto in caso di rivelazione, alle forze dell’ordine, delle reali condizioni di lavoro. Ai lavoratori, in alcune circostanze, venivano trattenuti i documenti, quali la cartad’identità o il permesso di soggiorno, per mantenere saldo il rapporto di subordinazione e condizionamento psicologico.

“Le Fiamme Gialle altoatesine – spiega in una nota la Guardia di Finanza -, dopo un’approfondita attività investigativa, coordinata, come detto, dalla Procura della Repubblica di Vicenza e contraddistinta da numerosi riscontri, rilievi e pedinamenti, nonché dall’acquisizione di oltre 50 testimonianze, hanno deferito alla predetta autorità giudiziaria sette soggetti, tutti residenti a Vicenza, cinque dei quali di nazionalità indiana (S.P. di 34 anni; K.K. di 38 anni; S.G. di 44 anni; K.K. di 29 anni e S.H. di 51 anni) e due di nazionalità italiana (P.E. di 65 anni e P.S. di 21 anni) in quanto ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere (art. 416 codice penale) e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis codice penale).

“Tra le persone individuate spicca la figura di un soggetto che si è reso responsabile anche del reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 codice penale). L’uomo, reo confesso, fingendosi commercialista iscritto all’albo, predisponeva la documentazione contabile (tra cui falsi documenti attestanti la regolarità contributiva, fittizie asseverazioni, ecc.), allo scopo di simulare una formale regolarità dei rapporti di lavoro instaurati, quando in realtà gran parte degli addetti era assunta completamente in nero (nel corso delle indagini, ne sono stati scoperti complessivamente 41)”.

Merita ricordare che il reato di caporalato, disciplinato dall’art. 603-bis del codice penale e rivisitato dal legislatore nel 2016 (legge n. 199/2016), prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a mille euro per ciascun lavoratore illecitamente reclutato. Nei casi più gravi (quando, ad esempio, ci sono violenza o minaccia), è prevista la reclusione da cinque a otto anni e la multa da mille a duemila euro per ciascun lavoratore assoldato.

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