Fu un bene la caduta del muro di Berlino?
Vicenza – Di recente, Sergio Mattarella, divenuto presidente della Repubblica per iniziativa del Pd, in un suo discorso ha citato Luigi Einaudi. Sulla fallacia di tale menzione, che vedremo più avanti, chiedo ospitalità per segnalare, al candidato sindaco di Vicenza Pd e ai componenti delle liste civiche sue sostenitrici, un pensiero di Sergio Ricossa (1927-2016) che è stato un economista italiano, conosciuto soprattutto per la sua attività di divulgazione delle idee liberal.
Ci rallegrammo debitamente per la caduta del muro di Berlino. Strano muro, eretto non per proteggere il comunismo dagli attacchi esterni, ma per impedire che i comunisti fuggissero dal paradiso marxista-leninista. Molti morirono e molti rischiarono la vita per lasciare quel paradiso ed entrare nell’inferno dei capitalismo. Cadde il muro, noi ci rallegrammo. Dieci anni dopo, comincio a dubitare che fosse bene rallegrarsi. Dubito per vari motivi, qui di seguito in parte riassunti:
- 1. Non mi risulta che sotto le macerie del muro sia restato uno, dico uno, dei costruttori e aguzzini di sorveglianza. Non uno (ma spero di essere smentito). Fra gli ideatori del muro, molti continuano a fare baldoria in Russia e dintorni.
- 2. Caduto il muro, mi aspettavo che tutti i comunisti, compresi quelli italiani, si ritirassero dalla politica, chiedessero scusa e sparissero dalla scena. Continuo ad aspettare: invano. Accade nulla. Al massimo, una parte dei comunisti ha cambiato nome. I più sfrontati si dicono liberali. Mediante complicità varie, alla fine ricevono in premio di governare l’Italia. E io, ahimè, sono italiano, loro suddito. Le leggi mi impongono di finanziarli, e di finanziare magistrati filocomunisti col potere di mettermi in prigione.
- 3. Dal 1989 non possiamo più illuderci che il nostro sia uno Stato democratico e di diritto. L’alternanza al governo non si verifica o è effimera. L’opposizione è tollerata malamente e purché resti tale, non ardisca farsi eleggere maggioranza. Come ammettono gli stessi magistrati, la giustizia non funziona: quando non è di parte, è troppo lenta, commette troppi errori, non tutela abbastanza gli onesti e gli inermi.
- 4. Eppure, corre l’obbligo di non temere più il comunismo. Si dileggia chi vorrebbe mantenere qualche difesa immunitaria. Non si deve più temere il comunismo italiano, né quello europeo, né quello cinese. Mentre cadeva il muro di Berlino, la Cina comunista reprimeva duramente ribellioni studentesche, come usa fare tuttora. Oggi l’esercito russo sta massacrando la Cecenia. Armi nucleari scorrazzano su e giù per l’Asia. Ma il bon ton europeo occidentale esige che non ci si preoccupi.
- 5. Dal 1989 i nostri giovani dormono, con poche eccezioni. Da dieci anni sognano favole: la guerra fredda è finita, tutto il mondo deve volersi bene, viva l’ecumenismo (ma non la globalizzazione, voluta dalle diaboliche multinazionali), solo lo Stato conosce il bene comune (lo Stato e le organizzazioni del volontariato no-profit ), l’individuo è egoista, viva l’eguaglianza altruista e solidale, il ricco è ricco in quanto sfruttatore e il povero è povero in quanto sfruttato, lo Stato regala, lo Stato rimedia ai fallimenti del mercato, eccetera. I giovani di solito non sanno che la quasi totalità delle suddette favole deriva dal comunismo e dal catto-comunismo.
- 6. Gran parte dei nostri giovani è convinta da dieci anni che viviamo in un’Italia, anzi in un mondo di “liberismo selvaggio”, a malapena imbrigliato da governi saggi e caritatevoli.
- 7. Gran parte dei nostri giovani è convinta da dieci anni che i nostri socialcomunisti sono cambiati perché, fra l’altro, privatizzano le aziende pubbliche. Non analizza se sono privatizzazioni vere o finte, volontarie o no.
- 8. Gran parte dei nostri giovani da dieci anni è pacifista, e non si chiede nemmeno se l’Italia e l’Europa occidentale abbiano problemi di difesa. Il crollo del muro ha estinto ogni preoccupazione di difesa. La fine della guerra fredda (?) esige la fine di ogni guerra.
- 9. In conclusione, rispetto al comunismo l’Italia è come non mai senza difese morali, politiche, giuridiche, militari. Il nostro futuro è nelle mani dei governanti di un paese lontano, gli Stati Uniti, nella cui strategia mondiale, dopo la caduta del muro, contiamo poco o nulla.
- 10. Quanto alla velleitaria Unione europea (che non ama gli Stati Uniti), che farebbe per noi in caso di una nostra emergenza? Meglio non pensarci. D’altronde, “noi”, gli italiani, chi siamo? Meritiamo un soccorso, dopo che abbiamo aperto le porte di casa nostra – che non è più nostra – a spie, criminali, mafie straniere (come se quelle domestiche non ci bastassero), nemici della nostra civiltà, intolleranti della nostra tolleranza, ingordi delle nostre risorse, che ritengono ingiustificate?
Stiamo peggio che nel 1989. Il colossale fallimento dell’esperienza sovietica non ha insegnato alcunché. La mosca sarcofaga della sinistra ha deposto le sue larve vive sul comunismo in putrefazione. Perché infatti il comunismo è in putrefazione, e perciò ammorba l’ambiente di miasmi e scoli senza rimedi. Irresistibili? Sì, se i “benpensanti” hanno perduto la capacità di indignarsi. Questi benpensanti erano brave persone, moderate, assennate, di buona educazione, liberali vecchia maniera, cioè disposti a difendere la libertà con le prediche. Pensiamo a Luigi Einaudi, grande predicatore, che predica ininterrottamente dal 1893 al 1961.
Risultato? La sua stessa valutazione è: prediche inutili. Totalmente inutili. Già Gramsci si era beffato di Einaudi dicendogli all’incirca: predica, predica, la tua borghesia magari ti applaude, e poi fa il contrario di quanto chiedi. Vogliamo fare la fine di Einaudi Luigi, le cui prediche non convertirono nemmeno il figlio Einaudi Giulio (comunistoide fino all’ultimo, perciò oggi ricordato come il “vero e unico” Einaudi degno di entrare nella storia d’Italia)? Io non voglio fare tale fine, per mezzo secolo Luigi è stato per me maestro. Oggi non può più esserlo, e mi rincresce.
Oggi un “benpensante” vede nello Stato non il suo protettore, ma il suo aguzzino. Qualunque Stato, a cominciare da quello comunista. Oggi torna all’anticomunismo viscerale: non è più di moda, ma ci torna. Il “benpensante” pensa con la sua testa. Le mode e le convenzioni sociali non lo interessano. Mai la repressione politica è stata più pericolosa di quella camuffata, “buonista” e pseudo-democratica; di quella che avviene sotto il manto del bene comune, dello Stato sociale, della difesa dei deboli. La prepotenza dei forti non è mai giustificata dalla difesa dei deboli.
Infine: che risultati speriamo di ottenere? A differenza dei comunisti noi non conosciamo le leggi della storia. Sarà quel che sarà. A noi basta salvarci l’anima, esserci schierati per la libertà a oltranza, avere indicato inequivocabilmente i nemici eterni della libertà. Noi non chiediamo altro che ciò che è già nostro ab origine: essere noi responsabili della nostra vita, disporre noi dei frutti del nostro lavoro, consociarci come vogliamo e di comune accordo col nostro prossimo. Tutto qui.
Eppure, l’Italia in cui siamo ci ha derubati e ci deruba di tutto, anche della speranza di un futuro migliore (sempre promesso, mai favorito dai politici statalisti). Intorno a noi vediamo solo la rassegnazione dei derubati o la loro ebete incoscienza o la loro connivenza con i ladri. Noi non apparteniamo a nessuna di queste categorie. Perciò siamo i matti, e fieri della nostra pazzia. E aggiungo io: siamo per la democrazia diretta che lui, come i suoi predecessori, non ci hanno mai dato malgrado “l’Europa ce lo chiedesse” tramite la Carta europea delle autonomie locali.
Luciano Spiazzi