Mamme No Pfas: “Sequestro di Miteni e del sito”

Vicenza – “Un punto fondamentale per l’accertamento delle responsabilità penali è quello di chiarire se e quanto i Pfas rappresentino un reale rischio per la salute umana. Per far luce su questo aspetto, la Procura di Vicenza si sta avvalendo della collaborazione di consulenti di calibro internazionale. Gli esiti delle perizie, a detta del procuratore Antonino Cappelleri, dovrebbero essere pronti prima dell’inizio dell’estate. Se fosse confermato un apprezzabile rischio per la salute umana, può configurarsi il reato di disastro ambientale”.
Sono i rappresentati del comitato Mamme No Pfas a mettere a fuoco con queste parole il punto centrale di quanto ha detto loro, incontrandoli qualche giorno fa, il procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri, sulla vicenda Pfas e sulle responsabilità della società Miteni. Un altro aspetto che il procuratore non ha mancato di mettere in evidenza è l’urgenza, con la necessità che le indagini si concludano prima della fine del 2018, “perché la norma – ha spiegato Cappelleri – ci impone di chiudere le indagini entro due anni al massimo dall’iscrizione nel registro degli indagati”.
Un altro problema sta nel fatto che, purtroppo, non c’è concordanza tra gli studi scientifici in tema di Pfas e di conseguenze per la salute umana. Inoltre, gli esiti del piano di sorveglianza promosso dalla Regione Veneto non aiuteranno poiché, secondo i comitati di cittadini, non solo il piano sarà completato in tempi lunghi, ma presenterebbe anche molte lacune.
“Abbiamo fatto notare – sottolineano i rappresentanti di Mamme No Pfas – che questo piano, così come è stato impostato, presenta moltè carenze in termini di inclusione ed esclusione delle persone esposte in funzione della loro età, dell’effettiva esposizione agli inquinanti e di eventuali patologie Pfas correlate già in atto. Si sarebbe dovuto iniziare lo screening sanitario a partire dall’età pediatrica, dalle persone con determinate patologie già in atto, dalle persone che risiedono nelle zone contaminate da tanti anni e via dicendo. Questi aspetti portano ad avere dati che non rispecchiano la reale situazione sanitaria dei territori esposti all’inquinamento da Pfas. Infatti i primi dati differiscono da ciò che evidenziano i medici di famiglia, che hanno a disposizione tutti i dati relativi ai loro pazienti, alle loro abitudini e alle patologie probabilmente Pfas correlate”.
“Coloro che ci dovevano tutelare e garantire acqua pulita sono gli stessi che adesso certificano l’acqua che beviamo”, mettono anche in evidenza gli attivisti, non nascondendo la loro preoccupazione, considerando come vanno le cose in Italia. E lo stesso procuratore della Repubblica, in qualche modo, lo ha pure confermato sottolineando che “se Miteni ha scelto l’Italia, è perché conosceva la debolezza interna del sistema. Le sostanze inquinanti, che oramai in modo certo Miteni ha scaricato – ha ricordato Cappelleri -, all’epoca non erano previste tra quelle espressamente vietate dalle leggi antinquinamento. Per l’accusa, Miteni sapeva di inquinare”.
“Abbiamo quindi presentato al procuratore istanza di sequestro immediato di Miteni e di tutto il sito – concludono le Mamme No Pfas -, perché Miteni non riuscirà comunque a portare a termine la bonifica in un tempo considerato accettabile. Ci schieriamo inoltre a fianco dei lavoratori, dando loro il nostro completo sostegno e attivandoci affinché possano essere immediatamente ricollocati. Il materiale contaminato presente sotto l’azienda deve essere rimosso subito, in modo completo. Solo così si potrà fermare l’inquinamento che sta tutt’ora continuando, e questo non è realizzabile con la società in produzione”.