Popolare di Vicenza, perché non paga Zonin?

Vicenza – Ma perché non pagano Zonin e compagnia? Per giorni tutte le aperture dei giornali e dei telegiornali sono state su Banca Popolare di Vicenza. Ora non più. Defunta. E per mano di governo che ha trasferito di imperio, dalla dubbia legittimità e più ancora opportunità, la polpa di quella che fu la banca vicentina a Intesa San Paolo. In apparenza una banca c’era e un’altra subentra. Anzi no. Ora due banche al posto di una. Una good bank impersonata da Intesa San Paolo e una bad bank (la traduzione nel confronto è intuitiva) caricata, come il capro espiatorio del rituale ebraico, delle colpe della estinta.
Bell’onore per Vicenza; oltre al danno le beffe per tanta pubblicità in negativo. E questa è l’ultima (almeno speriamo) di una serie di disavventure. Retrocessione del Vicenza Calcio, inquinamento da perfluori, abusi edilizi che riguardano il tribunale. Non è prevedibile se la città potrà tollerare anche questo colpo. Intanto nessuno si muove in suo soccorso. Il sindaco presidente della Provincia, non va oltre le condoglianze; il presidente della Regione fa una banale constatazione: il conto lo pagano i veneti; il Governo ne annuncia la morte perché non c’erano alternative valide!
Al colmo della beffa, tocca ai contribuenti riparare le malefatte di Zonin e compari. Con un esborso di 17 miliardi, non per rimborsare i risparmiatori ma perché Intesa San Paolo accetti il “regalo” di un asset da 50 miliardi. Una garanzia, quei 17 miliardi di euro pubblici, pretesa dalla concessionaria contro i rischi di azioni legali da parte di azionisti e risparmiatori. I quali non potranno fare causa a Intesa, soggetto esonerato per legge da ogni responsabilità, ma nemmeno alla Banca Popolare, non più esistente. A chi rivolgersi dunque?
Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdámmoce ‘o ppassato, ci suggeriscono i simpatici napoletani; eppure qualcuno c’è che ha la responsabilità di questo colossale imbroglio. Quando un prestito veniva concesso dietro costrizione dell’acquisto di azioni o quando si spacciavano azioni non quotate, per valori assegnati alla bisogna e ancora quando in vista del pericolo venivano rimborsati alcuni preferiti in danno dei più o quando si divulgavano bilanci gonfiati per illudere i clienti. Senza dilungarci in sofisticati meccanismi bancari, del resto scavalcati con tracotanza, si attendeva che all’indomani delle ispezioni della Bce la magistratura, mossa da legittimo sospetto, assumesse le necessarie informazioni.
Se lo ha fatto, non ha tratto le dovute conclusioni, assumendo le necessarie misure cautelari a beneficio dei risparmiatori non meno che del buon nome della giustizia. Ora non c’è più la banca con cui relazionarsi mentre i responsabili, a questo punto perseguibili solo per via penale, si sono eclissati e quel che è peggio senza lasciare traccia né di sé né dei loro beni.
Un ulteriore e ancor più inaccettabile smacco addebitabile a parere dell’ex ministro Gasparri, senatore di Forza Italia, ai magistrati che avendo consentito a Zonin di agire indisturbato, lasciandolo libero “andrebbero a loro volta arrestati” (il Giornale di Vicenza del 25 giugno 2017). Tanto più ora, mentre la Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio di Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, fallita insieme alla Popolare di Vicenza.
Non solo dunque il crack della banca e i responsabili liberi di proteggere, indisturbati, i propri interessi; pure i togati a balbettare formule incomprensibili mentre il tempo passa senza alcuna iniziativa al riguardo. Chi altri dobbiamo ancora attendere per una giustizia riparatoria? Se lo chiedono da tempo i vicentini e non solo.
Giovanni Bertacche (info@bertacche.com)